giovedì 28 agosto 2008

FESTA TRICOLORE DI ALLEANZA NAZIONALE AD AIELLI (AQ)

SABATO 6 SETTEMBRE(Aielli Stazione)
Saluto del Presidente del Circolo AN Aielli Stefano Di Censo.
Ore 17:00 Apertura con commemorazione ai caduti ed esibizione canora.
Ore 17:50 Saluto del Coordinatore Provinciale AN Emilio Iampieri.
Ore 18:00 Tavola Rotonda: “Politiche giovanili” con la partecipazione di Carlo Fidanza,VicePresidente Nazionale Azione Giovani e Armando Floris, Presidente Provinciale Azione Giovani,coordina dott. Enzo Di Natale.
Ore 19:00 Intervento On. Maurizio Scelli.
Ore 20:00 Cena con Piatto tipico locale “Pecora al Cotturo” e serata danzante.
DOMENICA 7 SETTEMBRE(Aielli Alto)
Ore 16:00 Apertura con commemorazione ai caduti ed esibizione canora.
Ore 16:45 Saluto del Coordinatore Provinciale AN Emilio Iampieri,
Ore 17:00 Convegno medico “Gli screening di prevenzione oncologica del tumore dell’utero edell’intestino”; partecipa il dott. Vincenzo Maccallini.
Ore 17:45 Presentazione libro “Le lance spezzate” di Salvatore Santangelo presso la Sala Don Antonio Di Pietro.
Ore 18:15 Interventi dell' On. Marcello de Angelis e dei Senatori Fabrizio Di Stefano e Filippo Piccone.
Ore 20:00 Cena con Prodotti tipici locali e serata danzante.
Alla manifestazione parteciperanno i Sindaci e gli Amministratori PdL della provincia dell’Aquila.
ALLEANZA NAZIONALE AIELLI PER IL POPOLO DELLA LIBERTA’

ATREJU 2008 ECCEZIONALI PER SCELTA





Articolo sull'annuale festa nazionale di Azione Giovani che si terrà a Roma dal 10 al 14 settembre.

fonte: azionegiovani.org

Atreju '08 eccezionali per scelta



Data:
25/08/2008
Dal 10 al 14 settembre si terrà la IX edizione di “Atreju”. Ancora una volta ci ritroveremo a Roma alle pendici dei sette Colli che costeggiano il cuore di Roma, al cospetto del Colosseo. Sarà, infatti, il parco del Celio la suggestiva cornice che ospiterà la nostra tradizionale festa, che si presenterà con un villaggio rinnovato e come sempre colmo di stand, di sport, musica, e tanta buona politica.Affronteremo i temi più discussi del nostro tempo, sarà il momento per lanciare campagne politiche e culturali che caratterizzeranno il prossimo anno, snoccioleremo e confuteremo le tesi e le antitesi attraverso le quali si articola una visione del mondo.“Atreju ’08 – Eccezionali per scelta - ”, è il luogo ideale dove trovare l’entusiasmo per affrontare con rinnovata energia una stagione che richiederà un impegno straordinario e valoroso in cui sarà importante difendere, rilanciare e trasmettere alla nostra Terra quei valori che abbiamo la presunzione di incarnare e concretizzare, quei progetti finora solo sfiorati e accarezzati in sogno da una intera generazione.Grande importanza sarà rivestita dagli spettacoli serali: dopo l’imponente successo registrato da Mario Biondi lo scorso anno, stiamo lavorando su un programma ricco di appuntamenti emozionanti, divertenti, imprevedibili. Si farà molto tardi ogni sera, ma al mattino sapremo ridestarci per partecipare con entusiasmo ad una nuova giornata di Festa.Per gli accrediti al campeggio potete fare riferimento al num.
06/92014404.

mercoledì 27 agosto 2008

Alemanno: intervento sulla nascita del PDL





Riporto di seguito l'intervento di Gianni Alemanno in occasione dell'ultima Assemblea Nazionale di Alleanza Nazionale dello scorso 26 Luglio, intervento utile per aprire una riflessione e il dibattito sulle modalità di formazione del nuovo soggetto politico denominato Popolo della Libertà.


fonte: destrasociale.org

ALLO STATO NASCENTE
I mesi decisivi del Popolo della Libertà
Intervento di Gianni Alemanno all’Assemblea di An – 26 luglio 2008

Voglio cominciare dicendo con chiarezza che tutte le illazioni giornalistiche che si sono registrate alla vigilia di questa Assemblea in merito a divisioni e polemiche all'interno del Comitato di reggenza di An, appartengono alla tendenza di una certa stampa a creare la notizia anche quando questa non c'è. Queste grandi divisioni, questi contrasti, in realtà, non ci sono mai stati.Siamo uniti nella volontà di condurre bene il processo di fusione di Alleanza Nazionale nel Popolo della Libertà. C'è ovviamente anche un dibattito, perché dobbiamo confrontarci senza ipocrisie, senza forme di "unanimismo" superficiale. Ma - ribadisco - non ci sono lacerazioni, non ci sono divisioni in questo percorso. Ci deve essere invece la volontà comune di fare un lavoro serio, così come si attende la base di Alleanza Nazionale, ma soprattutto si attendono i nostri elettori.Credo che dobbiamo riflettere attentamente su questo passaggio: ci aspettano mesi decisivi, scelte importanti. L'ho già detto in altre occasioni, e lo ripeto anche qui: dobbiamo affrontare questo processo con determinazione, ma senza facili entusiasmi, senza la facile convinzione che tutto sia semplice, che non ci siano delle grandi insidie di fronte a noi. Dobbiamo essere vigili su queste insidie proprio per poterle sconfiggere insieme, anche con gli altri amici che faranno parte del PdL, a cominciare da Forza Italia e dalle altre forze politiche che entreranno nel nuovo partito.Dico questo anche per sottolineare meglio quel rapporto di forza tra FI e An sintetizzato nella percentuale del "70-30". Attenzione, il 70 per cento sarà composto da Forza Italia, ma non solo. Ci sono infatti anche una serie di altre formazioni, come la Dc per le Autonomie, la cui rappresentanza sarà compresa dentro quel 70 per cento. E quindi l'equilibrio tra An e Forza Italia è molto più equo di quello che appare.Questo ci serve a comprendere che il Popolo della Libertà non deve essere soltanto l'unione tra Alleanza Nazionale e Forza Italia. Deve essere, invece, una realtà che aggrega, che parla alla società civile, che mette in movimento nuove forme di partecipazione, che coopta persone dai ceti produttivi. Insomma, qualcosa di molto più ampio della semplice fusione - più o meno a freddo - di due partiti.Insomma è necessario compiere questo processo, ma al tempo stesso capire quali sono i rischi che abbiamo di fronte. A mio parere, il rischio principale - presente sia nel PdL che nel Ppe - è quello di esprimere un generico moderatismo che sarebbe assolutamente inadeguato ai compiti storici e politici che il nuovo grande partito si deve assumere.Questo "moderatismo" elevato a categoria ideologica, lo abbiamo visto espresso, in tutta la stagione della Prima Repubblica, nel ruolo svolto dalla Democrazia Cristiana. Ci troviamo di fronte ad un parallelo storico: dobbiamo costruire un grande partito di centrodestra, ma abbiamo alle nostre spalle il modello rappresentato da quel grande partito che è stato la Democrazia Cristiana. Ora, attenzione, - lo dico in particolare a tutti gli amici che sono arrivati in An da una militanza democristiana - io non intendo ripetere le vecchie critiche, un po' schematiche e superficiali, dei missini contro la Dc. Sia il Msi che la Dc, su basi ovviamente diverse, hanno avuto un ruolo storico fondamentale per evitare che l'Italia divenisse un Paese comunista. Quindi non voglio più cadere nell'errore di demonizzare la vecchia Dc e cionondimeno dobbiamo tener presente cosa accadde durante la prima Repubblica. In questi ultimi mesi si sono spesso ricordati i danni che il '68 ha prodotto in Italia. Ma la cultura del ‘68 si è imposta in modo dirompente non solo per colpa della "sinistra cattiva", ha dilagato anche perché la Democrazia Cristiana, e il polo di centro che essa rappresentava, fu assente sul fronte delle battaglie culturali. Non possiamo dimenticare come i "moderati" di allora cedettero, più o meno consapevolmente, l'egemonia culturale e sociale alla sinistra. La Dc non difese fino in fondo i valori fondamentali, proprio quelli che derivano dalla tradizione cristiana. Soprattutto non fece alcuno sforzo per governare, con valori alternativi alla sinistra, una società che si evolveva, che si stava modernizzando.D'altra parte, quando parliamo di "moderati", immaginiamo la politica limitata alla dialettica tra un polo progressista e un polo moderato.Una dialettica politica in cui agiscono due forze: una che, in quanto progressista, traccia l'evoluzione del Paese e un'altra che, essendo moderata o conservatrice, si limita a frenare quella evoluzione. I "moderati" non mettono in campo un strada alternativa per modernizzare il Paese, valori così forti da generare non una conservazione, ma un cambiamento, si limitano a limitare il cambiamento imposto dagli altri.Questa non è la strada che dobbiamo percorrere. Anche perché, se noi pensiamo allo scenario europeo, vi è una domanda che dobbiamo porci con estrema chiarezza: come mai il Ppe, che è una grande forza all'interno del Parlamento europeo, è sistematicamente subalterno sui grandi temi politici al Partito socialista europeo? Quando si arriva nel consesso di Bruxelles e Strasburgo si percepisce subito questa egemonia di sinistra, di cui i nostri ministri e i nostri commissari hanno spesso fatto le spese. Ritroviamo tutto questo nelle direttive comunitarie che, troppo spesso, sono uniformate ai principi progressisti, che tentano di azzerare tutte le identità e tutte le appartenenze, persino quella di genere, in nome di una falsa lotta contro ogni forma di discriminazione. In Italia come in Europa dobbiamo lavorare per evitare che la nostra identità si disperda in un indifferenziato contenitore politico, che, in nome di un generico moderatismo o di una visione puramente pragmatica della politica, rimanga vuoto di identità e di valori. Dobbiamo impegnarci affinché, nel rispetto delle molteplicità e della diversità tra le culture di provenienza, emerga chiaro un progetto di sviluppo culturale, politico e sociale che dia l'anima all'Italia di oggi e all'Europa di domani. La questione europea è già oggi il grande problema da risolvere per affrontare le sfide della globalizzazione, il fronte sul quale la Francia di Sarkozy si prepara ad intervenire con forza, durante il semestre di presidenza a Bruxelles. C'è l'urgenza di imprimere una svolta, di costruire un progetto storico, non soltanto per la nostra Nazione, ma per tutto il Continente europeo. Un progetto in cui convivano modernizzazione e identità, come tante volte ci siamo detti.Questo impegno politico si deve basare su un profondo lavoro culturale: i mesi che abbiamo davanti serviranno per rivedere, in termini non ambigui, le nostre priorità, le nostre appartenenze profonde, i nostri riferimenti programmatici, per cogliere questo importante appuntamento avendo chiari i punti per noi irrinunciabili e le nuove sintesi che dobbiamo costruire. Non dico questo per operare una "lottizzazione" culturale e programmatica tra le diverse componenti nel nuovo partito. Al contrario è necessario entrare in tutte le tematiche e rileggerle con attenzione; con una attenzione che deve essere, in qualche modo, la "nostra" attenzione. La destra deve essere presente in tutte le tematiche del centrodestra per influenzarle con il proprio punto di vista, non dobbiamo stare in un angolo, ma dobbiamo lavorare in ogni direzione perché solo dal seme della nostra identità potrà nascere un PdL in grado di cambiare profondamente l'Italia.Prendiamo il tema cruciale del Federalismo. Sulla questione federalista in questi mesi ho cercato di studiare, di approfondire, anche nel senso di rivedere posizioni che in passato avevo sostenuto. Ritengo, anche qui, che sia necessario da parte nostra leggere questo tema attraverso un'ottica completamente diversa.In genere, noi identifichiamo il concetto di Federalismo con un principio di divisione. Invece dobbiamo uscire dal luogo comune secondo cui da una parte c'è il Federalismo e dalla parte opposta l'Unità nazionale. Il Federalismo nasce per unire, la stessa parola deriva dal latino foedus, ovvero l'unione dei diversi in un'unica realtà.Per questo, il nostro compito è quello di riuscire ad applicare il Federalismo proprio per evitare il rischio di una deriva separatista. La sfida è proprio quella di riuscire a riunificare, a riconciliare in un disegno condiviso ciò che oggi è diviso, affrontando così uno dei grandi problemi storici della nostra Nazione.Il paradosso - peraltro tante volte sottolineato da diverse posizioni culturali della destra - è che la grandezza del genio italiano, della cultura italiana è più emersa nei momenti di divisione, che nei momenti di unità statuale. La grandezza dell'Italia rinascimentale, la sua egemonia culturale a livello europeo, emerge nel momento in cui il nostro Paese è diviso, frastagliato in tante corti, regni e principati. D'altra parte, in tutta la stagione risorgimentale non possiamo dimenticare non solo il contrasto tra il Nord e il Sud dell'Italia, ma lo scontro tra l'identità religiosa cattolica e le spinte liberali ed anticlericali. Quindi per noi oggi il federalismo deve essere un modo non per provocare una separazione, ma per far nascere una nuova unità; un'unità che non sia più calata dall'alto, con le Prefetture e gli apparati dello Stato centralista, copiati in modo più o meno fedele dallo Stato napoleonico. Dobbiamo creare un'unità che salga dal basso, capace di interpretare con fedeltà quelli che sono i diversi territori, le identità locali, le varie realtà sociali. Tutto questo con l'obiettivo pratico - perché c'è il rischio che rimanga pura e astratta teoria - di dare più spazio e opportunità ai territori competitivi. E quando parlo di territori competitivi non mi riferisco al Nord contro il Sud. Non parlo di realtà separate nel senso di rigida divisione regionale, ma di territori che sono presenti in tutte le regioni italiane e che, rappresentando un concentrato di sviluppo, cultura e crescita, possono trainare il resto della Nazione e ridistribuire ricchezza meglio di qualsiasi ordinamento livellato. Ecco perché dobbiamo insistere sulla dimensione comunale e non regionale del Federalismo italiano.Credo che il ragionamento che dovremmo fare, di fronte al tema del federalismo fiscale, o alla nuova legge sul Codice delle autonomie, sia proprio questo. Dobbiamo farlo partendo proprio dal Mezzogiorno, da quelle realtà del Paese che hanno pagato il prezzo più alto in tutti questi anni per essere state una "colonia interna" dentro il meccanismo dell'unità statuale. Una "colonia interna" che spesso ha visto le sue risorse migliori saccheggiate, sradicate, di fatto espropriate da dinamiche economiche e sociali disegnate sulle esigenze delle regioni più ricche.Questo vale anche per la Capitale. Agli amici leghisti ripeto sempre che quando parlano di "Roma ladrona" commettono un errore oggettivo, perché la Capitale ha un gettito fiscale (delle famiglie e delle imprese) che è quindici volte superiore al trasferimento statale e regionale. Questo spiega come il centralismo fiscale uccida le potenzialità di sviluppo internazionale di Roma, condannandola a rimanere una polverosa ed ingombrante capitale della burocrazia nazionale, invece di essere la grande capitale della cultura universale.Roma deve avere un ruolo internazionale ed universale, proprio per diventare lo strumento di un salto di livello della nostra realtà nazionale. Abbiamo sempre più bisogno, ormai è una necessità storica, di dare un messaggio universale alla nostra identità nazionale, al nostro essere italiani. Dobbiamo immaginare un'Italia in grado di confrontarsi con la globalizzazione, non soltanto in termini difensivi e regressivi, ma in termini propositivi e di sviluppo. Abbiamo bisogno di messaggi, di simboli di carattere generale e universale, di dare forza comunicativa e di sviluppo alla nostra identità.Roma può fare questo. Dobbiamo sapere che la dimensione universale della Capitale può trainare il resto d'Italia, può essere un esempio e un modello. È per questo che noi, in questo grande progetto, vogliamo che Roma non sia un contraltare del federalismo, ma si ponga all'avanguardia di questo processo proprio per orientarlo nel senso giusto. Il punto centrale è poter dire a un territorio, ad una realtà comunale: "Sviluppati, cresci, applica politiche virtuose e avrai una percentuale di ritorno automatico del gettito fiscale che riesci a realizzare sul tuo territorio. Non sei livellato, né nel bene né nel male". Dobbiamo combattere in ogni contesto, anche quello territoriale, il livellamento egualitario che rifiutiamo per le persone e per le famiglie. L'unità dell'Italia non sarà persa ma deve ritrovarsi nella tutela dell'interesse nazionale, nel principio di sussidiarietà che restituisce dignità al cittadino alle famiglie e ai corpi intermedi, nella sovranità degli organi centrali della Repubblica di intervenire tempestivamente ogni qual volta le autonomie locali degenerano.Stesso discorso vale per i problemi legati al liberalismo e al liberismo vero e proprio. Noi del liberismo rifiutiamo la logica contrattualistica, individualistica ed utilitarista. Per contro, dobbiamo cavalcare fino in fondo quello che il liberismo può dare in termini di vera meritocrazia: tutto ciò che genera agonismo, competizione e voglia di emergere. In un'Italia troppo spesso divisa e conflittuale dobbiamo passare dall'antagonismo all'agonismo, fare della concorrenza la capacità di competere con regole virtuose e verso obiettivi condivisi. Un altro tema centrale è quello dell'economia sociale di mercato. Oggi abbiamo letto sui giornali che Berlusconi ha dichiarato che sta facendo "una politica di sinistra" per sottolineare gli sforzi del Governo sul fronte della politica sociale. Come se vi fosse un'equazione tra politiche sociali e politiche di sinistra. Già questo atteggiamento terminologico dimostra quanta subalternità esista ancora oggi rispetto all'egemonia culturale della sinistra.Al contrario dobbiamo rivendicare il ruolo della destra nell'affermare la dimensione sociale. Quante volte abbiamo discusso su questi temi nelle Assemblee prima dell'Msi e poi di Alleanza Nazionale, sottolineando come oggi la possibilità di creare una solidarietà sociale sia radicata nei valori: si crea socialità se si parte da appartenenze comunitarie, se si ha un senso religioso della vita, che impedisce di pensare al proprio interesse, al proprio successo vero e profondo, prescindendo dalle condizioni del prossimo che abbiamo di fronte. Ecco perché oggi possiamo definitivamente strappare di mano alla sinistra il valore della "socialità". Su questo mi sono confrontato anche con il ministro Tremonti: già dalla settimana prossima ci sarà un segnale molto importante del Governo su questo versante. L'obiettivo è proprio quello di dare al modello di economia sociale di mercato un fondamento forte, perché dobbiamo essere in grado di sottrarre le rappresentanze sociali dal radicamento ideologico della sinistra. Questa è una battaglia strategica.In questo ambito si va a toccare un tema che forse è l'unico su cui ci siamo divisi nelle scorse settimane. Mi riferisco alla questione dei "fannulloni" nella Pubblica amministrazione sollevata dal ministro Brunetta. Premesso che anche in interventi pubblici sulla stampa ho sempre ribadito con forza l'appoggio alla linee programmatiche di Brunetta e di Tremonti, se vogliamo far vincere una linea di cambiamento dobbiamo evitare di scontrarci frontalmente con una intera categoria. Questa è una trappola in cui siamo già caduti durante il precedente governo Berlusconi con la questione dell'abolizione dell'articolo 18, che portò ad un conflitto disastroso e perdente con tutto il mondo sindacale e tutta la categoria dei lavoratori dipendenti.Quando diamo l'impressione di attaccare un'intera categoria, lasciando intendere (in verità non erano questi gli intenti di Brunetta) che tutti i lavoratori del pubblico impiego sono "fannulloni" da colpire, commettiamo lo stesso errore che fece la sinistra al governo demonizzando tutti i commercianti, tutti i professionisti, tutte le partite Iva. Parlo della logica delle "lenzuolate" dell'allora ministro Bersani nella quale, in sostanza, veniva attaccato il "nemico di classe" rappresentato dal ceto medio del lavoro autonomo. Bisogna evitare queste forme di "lotta di classe" che creano fratture "orizzontali" di una classe contro l'altra, di un ceto contro l'altro, tra le diverse categorie di lavoratori: lavoratori dipendenti contro partite Iva, pubblico impiego contro lavoro privato, ecc. Per modernizzare l'Italia dobbiamo invece produrre delle "fratture verticali" all'interno di ogni categoria, dividendo e contrapponendo le persone valide da quelle che hanno comportamenti inaccettabili. Questa è la base per una vera meritocrazia e per rompere tutte le sacche di parassitismo e clientelismo che esistono nel nostro Paese.I veri nemici dei "fannulloni" sono quei lavoratori del pubblico impiego che si impegnano e producono spesso con stipendi inadeguati e mezzi tecnici insufficienti. Non dobbiamo dire "morte ai fannulloni" quando parliamo del pubblico impiego, ma dobbiamo dire "viva i meritevoli": questo è un messaggio positivo, questa è la chiave per vincere in ogni realtà. Solo così si potrà fare una vera politica interclassista, capace di sfuggire radicalmente alla logica della lotta di classe, allo scontro tra i ceti e le categorie, favorendo una logica meritocratica per cui in ogni ceto, in ogni categoria siano premiati i migliori, i più meritevoli, mentre vengono puniti tutti coloro che tirano a campare, non meritano, coltivano interessi personali illegittimi. Bisogna evitare, in quest'ottica, di ricompattare il fronte sindacale in uno scontro frontale con il Governo. Sarebbe un errore fatale: può anche darsi che la maggioranza degli italiani sia favorevole a uno scontro di questo tipo, ma non si può governare lacerando il Paese. Sono sicuro che il Governo si muoverà su questa strada. È necessario, anche per la modernizzazione del movimento sindacale, che emerga una spinta verso la partecipazione, verso il merito, verso la produttività, contro ogni forma di livellamento e di schematismo ideologico. Insomma, deve imporsi una nuova visione del sociale non condizionata dalla cultura di sinistra. Una politica sociale moderna, che non vuole essere generica filantropia, ma ambisce ad essere un elemento di reale crescita civile, non può non passare dalla valorizzazione delle rappresentanze sociali. Per questo è prioritario rompere la storica subalternità di queste rappresentanze (dal sindacato alla cooperazione, passando per l'associazionismo sociale) nei confronti dell'ideologia di sinistra. Ho fatto tutti questi esempi per dimostrare come sia necessario un grande sforzo culturale e politico per individuare i temi e le "parole d'ordine" del nuovo Partito. Per questo è giusta l'idea, che peraltro abbiamo concordato nel Comitato di reggenza, di una grande Conferenza programmatica da lanciare in autunno, che non sia una vetrina o una passerella, ma l'occasione per chiamare a discutere con noi le forze più vive della cultura e della società. Una Conferenza aperta a tutti coloro che "sentono" gli stessi problemi e vogliono fare del PdL il "motore politico" per rimettere in moto l'Italia. Dobbiamo dialogare con tutte le forze vive che possono confluire nel PdL, affinché i temi e i valori della destra emergano con forza e si impongano nell'agenda politica. Abbiamo bisogno di una Carta dei valori e di un progetto programmatico che siano chiari e rigorosi, perché è importante costruire il nuovo partito su fondamenti realmente condivisi. Dobbiamo portare questi principi in Europa, all'interno del Ppe, dove il nostro ingresso non deve essere segnato dalla rassegnazione di confonderci in un vecchio contenitore post-democristiano. La nostra dovrà essere un'entrata a testa alta, nello spirito di chi sta introducendo all'interno del Ppe valori determinanti per l'identità europea, senza i quali il nostro Continente non avrà mai un progetto storico. Questa è la nostra missione, la nostra sfida, il nostro orgoglio.Un ultimo argomento per concludere. Stiamo parlando non solo dei contenuti, ma anche delle regole del nuovo Partito. Ma le regole di un partito sono strettamente legate, in modo speculare, alla legge elettorale in vigore. Lo voglio dire con molta chiarezza: non sono d'accordo sull'abolizione sistematica delle preferenze. Questa sarebbe una scelta che certamente risolverebbe tanti problemi, come le clientele, i costi della politica e così via. Ma quando vediamo che si parla di "casta" per diffamare il ceto politico, si fa sicuramente riferimento ad una realtà autoreferenziale, ad una selezione basata su liste elettorali costruite a "tavolino", calate dall'alto sui cittadini.Se noi crediamo nella meritocrazia che nasce dalla concorrenza in tutti i settori della società, non possiamo cancellare questi principi proprio all'interno del meccanismo elettorale e politico. Sarebbe una contraddizione di termini che finiremmo per pagare cara.E allora, magari anche con forme miste, con soluzioni che in qualche modo tengano conto delle diverse esigenze (è giusto che in Parlamento arrivi anche il grande nome che non è attrezzato a raccogliere le preferenze), sono convinto che si debba ripartire dall'idea del ripristino delle preferenze, o della introduzione delle primarie previste per legge. Questo anche per sottrarre tutti gli esponenti di vertice del partito - compreso ovviamente il sottoscritto - da ogni imbarazzo e da ogni tentazione: ovvero la possibilità e l'onere di decidere a tavolino quale amico sarà eletto e quale invece rimarrà fuori. Dobbiamo poter dire agli amici: "Hai una possibilità, giocatela, se sei in gamba ce la fai". Insomma, restituiamo questa sovranità di scelta agli elettori.Il Popolo della Libertà deve essere un partito fortemente partecipato. Una realtà mobile, dinamica, che stimoli la crescita, che raccolga le forze vive della nostra società civile, nella nostra comunità nazionale. Soprattutto l'atto di nascita del PdL deve essere profondamente sentito e vissuto. Per cogliere questi obiettivi, dobbiamo essere noi a dare l'impulso giusto: tutto il nostro retroterra di militanza, di partecipazione, di sacrificio, che ha contrassegnato il nostro modo di fare politica, lo dobbiamo travasare all'interno del PdL, per dar vita ad un partito dinamico, movimentista, protagonista, senza complessi di inferiorità nei confronti della sinistra, con una grande capacità di elaborazione culturale, con la profonda consapevolezza del progetto storico che abbiamo di fronte. Questa è la nostra sfida.Quindi, mi chiedo, vi chiedo, chiedo soprattutto a Silvio Berlusconi e a Gianfranco Fini, che dovranno essere protagonisti di questo atto di nascita, di fare in modo che i prossimi mesi siano contraddistinti da una grande mobilitazione. Abbiamo bisogno di un grande partito per dare le ali alla modernizzazione dell'Italia. E proprio per questo dobbiamo dare a questo grande partito radici forti e profonde nei valori, nei principi, nella militanza e nella partecipazione.Dobbiamo giocarcela in campo aperto. Se lo costruiamo bene, questo Popolo della Libertà sarà, ancor più di Alleanza Nazionale, un partito che potrà dare piena soddisfazione a chi affronta la politica con coscienza tranquilla, con determinazione, e soprattutto con la volontà di servire lealmente la nuova Italia.

Gianni Alemanno

giovedì 21 agosto 2008

T-SHIRT AZIONE GIOVANI ROSETO


E' disponibile la t-shirt di Azione Giovani Roseto. Taglie S e M.
Le T-shirt vestono una taglia in più.
Marca FRUIT OF THE LOOM prezzo Euro 8
Per info: 3295362622

domenica 17 agosto 2008

IL PENSIERO DI AZIONE GIOVANI SUL RITIRO DELLE DIMISSIONI DEL SINDACO

Roseto degli Abruzzi, lì 16/08/08

Alla c.a. degli organi di informazione

OGGETTO: COMUNICATO STAMPA

Con gentile richiesta di pubblicazione

Il circolo territoriale di Azione Giovani Roseto vuole evidenziare il grave stato di crisi politica all’interno del Partito Democratico rosetano. La scelta del Sindaco Di Bonaventura di ritirare le dimissioni per la candidatura alle elezioni regionali del 30 novembre prossimo è l’ennesimo segnale di debolezza del primo cittadino, questa non deriva minimamente dal senso di responsabilità di continuare il proprio mandato ma semplicemente perchè non raccoglierebbe consensi sufficienti all’interno del PD, non solo a Roseto, ma in tutta la Provincia di Teramo per farsi eleggere in Consiglio Regionale.
D’altronde sarebbe imbarazzante per i compagni di partito di Di Bonaventura sostenere un candidato che rappresenta un pessimo esempio di amministratore: dopo la cifra elettorale bulgara che ha confermato Di Bonaventura primo cittadino della nostra città la situazione è peggiorata sempre di più con l’aumento delle consulenze a peso d’oro, l’aumento dei debiti del Comune come più volte denunciato dal centrodestra, l’aumento spropositato delle tasse comunali, la cementificazione selvaggia senza mai discutere il paino regolatore, la dissennata politica per la dislocazione delle antenne per la telefonia mobile, ecc…
Inoltre è sceso anche il livello di democraticità del massimo organo istituzionale, il consiglio comunale, dove il comportamento del Presidente dello stesso è tutt’altro che democratico nei confronti delle opposizioni.
E’ certo che se gli amministratori locali chiamati a raccolta dalla segreteria regionale del PD per candidarsi in consiglio regionale sono della stessa pasta del sindaco di Roseto, il centrodestra non avrà grandi difficoltà ad aggiudicarsi la vittoria.
Con la prossima tornata elettorale dunque ci attendiamo dai cittadini rosetani un chiaro segnale avverso nei confronti del centrosinistra locale ( socialisti compresi ) con l’aumento dei consensi per il Popolo della Libertà. Questa presa di coscienza che ci attendiamo da parte dei cittadini sarebbe la delegittimazione di un gruppo di potere che, pur annoverando tra le sue fila parlamentari, consiglieri regionali, assessori e consiglieri provinciali, non è riuscito minimamente a fare gli interessi della propria città. E’ ora che i rosetani comprendano, dopo quest’ennesimo caso politico, che bisogna dare un segnale di avversione a un centrosinistra irresponsabile e opportunista che ha dimostrato un particolare attaccamento, non alla città e alla sua gente, ma soltanto alle poltrone e a produrre solo false promesse e clientelismo.
Con la presente si porgono distinti saluti.

Fabrizio Fornaciari
Presidente Azione Giovani Roseto

DI BONAVENTURA CI RIPENSA...

Il Sindaco Franco Di Bonaventura ritira le dimissioni
- Questa mattina in conferenza stampa aperta al pubblico il Sindaco Franco Di Bonavenura ritira le dimissioni. La conferenza si è tenuta presso la Villa Comunale di Roseto. Alla conferenza stampa hanno partecipato oltre che a molti cittadini rosetani anche quasi tutti gli amministratori. Presenti sul tavolo gli Assessori: Di Girolamo Sabatino, Ferdinando Perletta, Enzo Frattari, Flaviano De Vincentiis, Teresa Ginoble, il Capogruppo Simone Tacchetti, il Segretario del Partito Democratico Tommaso Ginoble ed il Sindaco Di Bonaventura oltre ad alcuni altri Consiglieri presenti.
- L'introduzione del Sindaco critica la legge "antisindaci" che avrebbe ostacolato la partecipazione alla campagna elettorale Regionale di molti aspiranti politici. L'amministrazione riprende il suo cammino ed annuncia dei radicali cambiamenti in ordine alla giunta inerenti la richiesta di verifica, prendendo le distanze dalla critiche dela minoranza che definisce "insultificio". Parla il Segretario politico del PD Tommaso Ginoble che pone l'enfasi sul lavoro svolto dall'amministrazione rosetana e dai numerosi lavori pubblici fatti fino ad ora. Respinge le critiche dei giornali sulla scelta della candidatura, che si è deciso in maniera unitaria di ritirare per una valutazione politica in seno al gruppo del Partito Democratico di Roseto, sostenendo la compattezza della coalizione. Tommaso Ginoble annuncia anche che verranno messi in programma al più presto: il piano regolatore generale, il piano demaniale marittimo comunale. Da registrare la mancanza di alcuni Consiglieri della maggioranza non intervenuti.