venerdì 16 gennaio 2009

ESTERI: LA REPRESSIONE IN TIBET DIVIENE FESTA NAZIONALE CINESE


La repressione nel Tibet diventa una festa nazionale
di Antonia Cimini


Fonte: ilmessaggero

La Cina ha deciso di aprire il 2009, anno ricco di ricorrenze per il paese, prendendo tutti di sorpresa. Il governo ha annunciato di voler istituire una festa nazionale per celebrare i 50 anni della «rivoluzione democratica in Tibet» e la «emancipazione di milioni di servi e schiavi» di quella che è oggi una regione autonoma speciale. Mercoledì, quando si aprirà l’annuale riunione del Parlamento locale, a Lhasa i membri del Partito Comunista dovranno cercare una collocazione nel calendario per ricordare "ufficialmente" ciò che altrimenti il resto del mondo richiama alla memoria come una sanguinosa repressione che causò la dipartita in esilio del Dalai Lama nel 1959. Bisogna «ricordare a tutti i cinesi, tibetani inclusi, la storica riforma democratica iniziata 50 anni fa», quando «milioni di schiavi sotto un regime di servilismo feudale divennero artefici del proprio destino», ha detto il vice segretario del Comitato Permanente della regione, Pang Boyong, annunciando la misura.

In realtà le autorità hanno ancora sotto gli occhi le immagini degli incidenti lo scorso marzo a Lhasa, e ben tengono a memoria l’indignazione internazionale e la minaccia apportata alle Olimpiadi per i metodi usati nella repressione. Quest’anno, per evitare nuove critiche, Pechino gioca sull’effetto della sorpresa: si arroga il diritto di non tacere quella data, ma di farlo a modo proprio.

Eppure, storicamente, il 1959 non segnò la conquista del Tibet da parte dell’esercito di Liberazione, ma il soffocamento di una rivolta a Lhasa a marzo, al culmine di 8 anni di negoziati fra il governo centrale e i rappresentanti tibetani. I rossi avevano, in effetti, avuto la meglio sui mal equipaggiati e poco adatti alla guerra tibetani già nel 1950. Ma quel 10 marzo 1959, in cui il quattordicesimo Dalai Lama prese definitivamente la via dell’esilio in India, resta nella memoria dei tibetani più dell’occupazione in sé. Da allora gli esuli e i dissidenti ancora in Cina la celebrano ogni anno, mentre il governo comunista monta sempre più la macchina propagandistica contro il leader spirituale tacciato di "terrorista". Da ultimo, nel 2008, militanti antì-cinesi hanno messo a ferro e fuoco Lhasa per gridare all’indipendenza sotto ì riflettori delle Olimpiadi.

Per un 2009 che si annuncia estremamente "sensibile", Pechino ha elaborato varie misure volte a prevenire la rimonta della protesta tibetana. Ai lavori del Parlamento tibetano sono stati invitati a partecipare anche giornalisti stranieri e diplomatici dei consolati dei paesi limitrofi a Lhasa. L’obiettivo è mostrare che la regione è tornata alla normalità, che l’economia è in piena crescita e che il turismo sta facendo miracoli sul tetto del mondo. Per i cinesi, semmai dovessero sorgere dubbi, l’ordine è già stato dato ai media di «guidare l’opinione pubblica creando un ambiente favorevole, per mantenere la stabilità sociale».

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