giovedì 5 febbraio 2009

Dal PDL in poi di Luca De Netto


DAL PDL IN POI

Agli inizi di Novembre dello scorso anno, un ristretto gruppo di giovani dirigenti del PDL – molti dei quali cresciuti nelle fila di Azione Giovani - si era incontrato presso il Monastero di Santo Spirito, nel cuore innevato dell’Abruzzo, per riflettere con esponenti di Governo, parlamentari, economisti e docenti universitari sul futuro della politica italiana.
Linea guida di quel progetto di elaborazione culturale era stato uno slogan semplicissimo: “Dal PDL in poi”. Dando infatti per scontata la realtà del Popolo delle Libertà, ci si era interrogati sulle prossime azioni del Governo e del PDL in merito alle risposte da fornire ai problemi di natura economica, sociale, ambientale.

In realtà, ancora oggi, stiamo assistendo ad una marea di incontri, convegni, dibattiti che, anziché proiettarsi verso il futuro affrontando tematiche specifiche, sono assestati su posizioni statiche o addirittura di retroguardia, più per addetti ai lavori che rivolte ai cittadini. Da Bolzano a Palermo, ormai non riescono più a contarsi le iniziative meramente targate “verso il PDL”, come se questo traghettamento durasse un’infinità e non fosse già perfettamente compiuto dal voto popolare.

E’ chiaro che le classi dirigenti dei partiti debbono necessariamente andare ad affrontare tutta una serie di aspetti tecnici fondamentali non solo alla nascita della struttura del PDL, ma alla stessa organizzazione interna, fattori che Silvio Berlusconi, con le sue incontestabili capacità decisioniste e mediatiche, avrebbe volentieri lasciato perdere.
Ma tant’è che il lavoro tecnico-scientifico di preparazione per la creazione di questo grande soggetto politico è necessario e giusto, l’importante che non continui ad essere quasi totalizzante.

Il recente lavoro svolto dai Circoli Nuova Italia di Gianni Alemanno con la collaborazione di tutti i vertici di AN, ha in certo senso dato una scossa ed impresso una sana accelerata al processo. La leadership culturale di Giulio Tremonti (che tra i tanti meriti ha avuto anche quello di aver ricondotto la critica alla globalizzazione nel suo alveo naturale, cioè a destra), gli interventi del socialista nazionale Maurizio Sacconi, la tenuta della maggioranza e il consenso straordinario per il presidente Berlusconi stanno inoltre proiettando l’azione di Governo al di là dei partiti che lo sostengono, in una sorta di “primato dell’azione” che non si vedeva da tempi lontani.

In Italia, infatti, è in atto un vero e proprio processo rivoluzionario che, nel giro di pochi anni, cambierà il volto di un Paese abituato alle interminabili trattative, all’immobilismo, all’arroganza ideologica di una sinistra oggi totalmente allo sbando.
L’operazione PDL – e purtroppo ancora non tutti lo hanno compreso - non è affatto una mera fusione tra Alleanza Nazionale e Forza Italia, ma il tentativo straordinario di costituire un partito dell’interesse nazionale, ovvero una forza politica e culturale che, scevra da ideologie ma forte di valori identitari, guardi con pragmatismo all’intero sistema Italia.
Aver liberato Napoli dalla spazzatura, aver fornito risposte concrete in tema di sicurezza e immigrazione, aver innescato un processo meritocratico contro le baronie universitarie, aver voluto difendere la compagnia aerea di bandiera, aver dato risposte alla crisi economica, hanno da un lato premiato l’Esecutivo e dall’altro inflitto altrettanti colpi alla sinistra.
Il PD si trova oggi infatti in una situazione di profonda crisi culturale (con gli ex democristiani della Margherita sempre più insofferenti), perché assolutamente non in grado di definire la propria essenza, e ontologicamente incapace di liberarsi dalle tare ideologiche che fungono da barriera tra quel partito e il sentire degli italiani.

Se Berlusconi volesse potrebbe dimostrare, proprio grazie al PDL, l’inutilità stessa di una sinistra in Italia, o meglio dell’impossibilità dell’esistenza di una sinistra di Governo capace di avere un progetto e risolvere problemi.
Per fare un solo esempio, se infatti Sacconi, dopo aver proposto un nuovo modello di stato sociale basato sulla partecipazione dei lavoratori agli utili e alla gestione delle imprese, dovesse continuare con coraggio a favorire progetti di cogestione di solidarietà sociale non più basati sullo scontro di interessi ma su appartenenze comunitarie nel solco dell’alleanza capitale-lavoro (così come ben insegna la Dottrina Sociale Cattolica ), si colpirebbe a morte non solo la sinistra ideologica, ma anche quella parte del sindacato prettamente antinazionale.

Le componenti di destra, in grado più di altri di avere una visione d’insieme basata sull’interesse generale, quella socialista e quella cattolica - magari raccolte a sintesi proprio dal Tremonti antimercatista - avranno quindi nel PDL un ruolo fondamentale per la costruzione della Nuova Italia, che necessiterà di uomini, donne e giovani in grado di pensare politica, elaborare nuove linee culturali e spendersi al servizio della Nazione.
La rivoluzione è finalmente in atto. Ed è solo l’inizio…

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