mercoledì 29 ottobre 2008

DOCUMENTO "RESTITUITECI IL FUTURO!"



Restituiteci il Futuro! – L’Università che vogliamo: merito e qualità

Un errore da evitare: un altro sessantotto
Noi non vogliamo spostare le lancette dell’orologio indietro fino al 67, ma riteniamo che il sessantottismo, cioè quel particolare modo di intendere la società e l’università nato nel 68, alla lunga abbia prodotto più danni che benefici. La mentalità del “18 politico”, la deresponsabilizzazione totale dello studente, la distruzione della meritocrazia: sono tutti effetti collaterali di quella stagione. Effetti che hanno logorato pian piano, fino a distruggerla, l’Università italiana. Hanno trasformato la nostra generazione nell’infanzia viziata dell’occidente, quella a cui tutto è dovuto, quella che pretende tutto e lo pretende subito; i sessantottini hanno oKKupato cattedre e giornali, hanno determinato il senso comune da tribune politiche e organi di informazione, hanno creato il mito della gioventù come categoria dello spirito condannando noi, giovani anagraficamente, ad un’eterna adolescenza. Loro che urlavano “Immaginazione al potere!” sono diventati dei calvi ed ingessati professori, liberi professionisti spregiudicati, cronisti faziosi pronti a difendere solo i propri privilegi abdicando alla “vogue” che li aveva coinvolti in gioventù e che li aveva portati a contestare ciò che poi loro stessi sono diventati. Il sessantottismo ha distrutto il ruolo di fucina della classe dirigente tipico delle Università, le ha trasformate in un parcheggio privo di dignità per le forze più sane del paese, le ha svuotate dell’energia culturale che le rendeva il motore del paese. L’errore più grave che la nostra generazione può commettere, la trappola più insidiosa in cui può cadere, è quella di ripetere, a quarant’anni di distanza, gli stessi slogan sessantottini, è farsi carico delle stesse parole d’ordine. Sarebbe un errore grave perché si tratterebbe di una battaglia conservatrice: l’Università italiana è già oggi come l’avevano immaginata nel 68! Purtroppo per noi…
Serve invece un cambio di rotta. Uno strappo netto col passato. Un’affermazione rivoluzionaria: basta cialtronate, basta egualitarismo, basta pappe pronte! Basta sprechi, basta proteste telecomandate, basta professori incapaci! Vogliamo una rivoluzione nel nome del merito e della qualità!




I giovani del 2008
Noi vogliamo rappresentare la spinta di questo cambiamento, di questa rivoluzione meritocratica della qualità, vogliamo incarnare lo spirito sano della nostra generazione, stufo di falsi egualitarismi e di proteste nate con il solo scopo di difendere gli stantii privilegi di professori e rettori.
Affermiamo con forza che l’unico diritto inalienabile che deve essere riconosciuto ad ogni studente è quello ad uno studio di qualità e di eccellenza; oggi, in una marea di falsi diritti garantiti allo studente, tra i quali ormai ci pare di scorgere anche quello alla laurea, il diritto ad una formazione di qualità è l’unico ad essere continuamente negato, e nessuno protesta per difenderlo! Anzi, rendere la formazione universitaria sempre più facile, sempre più “accessibile”, sempre meno in grado di formare la classe dirigente del paese sembra essere diventato l’obiettivo principe di riformatori e professori, assecondati da quella parte degli studenti che in nome dell’egualitarismo scendono in piazza a difendere lo status quo e che tacciono vergognosamente di fronte all’uso improprio dell’autonomia di molti rettori.
Vogliamo un’Università che permetta l’inserimento rapido nel mondo del lavoro, anche in posizioni dirigenziali: anni di studio e di Master in altri paesi permettono primi stipendi da capogiro, in Italia ti garantiscono un posto da precario presso il call center più vicino! Per quanto riguarda questo argomento, vogliamo sottolineare che il 90% degli studenti, e forse più, non vuole fare né il ricercatore né il professore, ma vuole costruirsi la propria strada nel privato: chi protesta per difendere questi ragazzi, la cui laurea non vale neanche un decimo di quanto poteva valere 20 anni fa? Chi scende in piazza per pretendere più qualità negli studi e maggiore spendibilità nel mercato del lavoro? Si protesta solo contro il blocco del turn over nelle assunzioni di professori e ricercatori, come se queste due categorie professionali dovessero essere specie protette. Si badi, la ricerca è importante: ma non è il numero a fare ricerca di qualità.
Vogliamo un’Università a cui tutti possono accedere, da qualsiasi ceto sociale si provenga, ma fortemente selettiva in base al merito. Attenzione! Quando scriviamo “a cui tutti possono accedere” non vogliamo dire che l’accesso deve essere garantito a tutti! Vogliamo che a tutti vengano date le stesse possibilità di partenza, ma vogliamo che ci sia una selezione meritocratica in ingresso e lungo tutto il percorso di studi! Se serve il numero chiuso per garantire un decente rapporto professore/studenti, ben venga il numero chiuso. Se serve imporre il conseguimento di un numero minimo di crediti (CFU) il I anno pena l’esclusione dalla facoltà, ben venga questa o altre soluzioni che esaltino una differenza tra chi merita e chi no. Se serve (e serve) un’Università più “difficile” perché sia di qualità, e questo causa un alto numero di abbandoni nel percorso verso la laurea, ben venga un’Università più “difficile”.
L’Università non è il luogo in cui rimanere “parcheggiati” nel periodo tra la scuola superiore e la vita degli adulti scandita dal lavoro, dal mutuo da pagare, dalla famiglia,ecc… L’Università rappresenta la fase cruciale: rappresenta un momento di maturazione umana e culturale, deve essere sempre di più il luogo della responsabilità e bisogna quindi pretendere di ricevere quella formazione utile ad ognuno per la propria vita, per il proprio lavoro e per la crescita dell’intera comunità nazionale. E’ ipocrita contestare una semplificazione dell’esagerato numero di corsi di laurea attivi attualmente in Italia (oltre 5000!), perché purtroppo sappiamo benissimo qual è la spendibilità di titoli di laurea di alcune pseudo-facoltà o pseudo-corsi di laurea nel mondo del lavoro. Basta pappe pronte e corsi scadenti in nome di un falso egualitarismo!
Vogliamo un’Università pubblica negli accessi e nei finanziamenti, ma capace di attrarre risorse private. Se le tanto vituperate fondazioni garantiscono de facto la funzione pubblica dell’Università, e sono strumenti più idonei ad attrarre fondi dal settore privato, ben vengano le fondazioni. Chiediamo però che lo scopo a cui è vincolato il patrimonio della fondazioni universitarie sia indicato per legge, e sia quello dell’ istruzione universitaria di qualità in ogni campo del sapere. Chi oggi non vorrebbe maggiori finanziamenti statali per il sistema formativo? Ma bisogna essere realisti e scontrarsi con la carenza di fondi e l’obbiettivo di pareggio di bilancio fissato per il 2011; cerchiamo allora di interconnettere sistema universitario e sistema privato, perché è interesse di tutto il paese che il sistema produttivo investa in quello formativo.
Vogliamo che gli imprenditori facciano a gara per sostenere economicamente le università tramite il sistema della fondazione e favorire l’inserimento nel mondo del lavoro degli studenti più meritevoli evitando così la umiliante fuga dei cervelli verso l’estero. Ma tutto ciò sarà possibile solo e soltanto se cambia il sistema di gestione degli atenei oggi percepiti, non a torto, dal mondo imprenditoriale come carrozzoni utili a favorire qualche privilegiato…
Vogliamo un’Università libera da sprechi, caste e baronie. I buchi dei bilanci di alcuni Atenei sono spaventosi, e nel frattempo gli studenti assistono impotenti allo sfoggio di pellicce di ermellino (vedi Rettore dell’università di Bologna), di auto blu, di sedi distaccate inutili, di corsi di laurea in Scienza della pace con 5 iscritti all’anno. I professori tutelano sempre e comunque solo loro stessi e le loro rendite di posizione: spesso non pubblicano più niente da anni, e in facoltà si fanno vedere una volta l’anno, ma nel frattempo usano il loro titolo per ottenere prestigiose e remunerative consulenze esterne. Studenti di tutt’Italia, la prossima volta che il vostro professore per l’ennesima volta non si presenta in aula e manda in sua vece un assistente, andatelo a prendere per le orecchie anche se si trovasse a casa sua! Lui e tutti quelli come lui sono coloro che vi stanno rubando giorno dopo giorno il futuro!
Vogliamo un’Università dove i professori siano selezionati in base al merito e alle competenze e non per cooptazione. In questi anni abbiamo assistito a decine di concorsi truccati, preparati ad arte per l’amico o per il parente, perché lo spirito di casta, con le sue autonomie e con i suoi privilegi, è sempre vivo tra i professori. Chi protesta perché a 50 anni fa ancora il ricercatore sottopagato dovrebbe chiedere conto a questi signori che gestiscono l’Università come fosse “Cosa loro”. Per garantire una selezione realmente meritocratica e trasparente, vogliamo il concorso nazionale per l’assunzione di nuovi docenti universitari.

Questa è l’Università che vogliamo, un’ Università che, per citare Ortega Y Gasset, deve tornare ad essere “ciò che fu nella sua ora migliore: il principio motore della storia Europea”. Cioè fucina di classe dirigente e delle idee e degli uomini che costruiscono pezzo per pezzo la storia dell’Italia del domani, non un luogo d’attesa ma di spinta, non di livellamento ma di selezione, un luogo che permetta a qualsiasi studente meritevole di dimostrare il proprio valore, non un mero nozionificio ma luogo di cultura e dibattito, non di conservazione ma di cambiamento, anzi di rivoluzione. Se non l’avete ancora capito, noi vogliamo fare una rivoluzione, vogliamo fare un 2008 di piazza in nome del merito e della qualità. Contro tutti i sessantottismi e contro tutti i sessantottardi, noi siamo gli universitari del 2008. Provate a fermarci.

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